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Le arti sono una cosa seria soltanto per chi le esercita. Pittura e scultura diventano oggetto di commercio, ossia gioco monetario, nelle mani dei mercanti e dei collezionisti; letteratura e musica, nelle mani degli editori e degli impresari, pretesti di distrazione e di passatempo per il pubblico dei lettori e degli ascoltatori paganti. Le arti hanno un valore metafisico, mentre il mondo fisico e sociale attribuisce alle arti l’unico valore a cui esso sia sensibile: di svago, di guadagno, di lavoro.
Beniamino Dal Fabbro - Musica e Verità
L’idea dello strumento nasce da un interessante esperimento acustico e organologico: suonare con il bocchino del clarinetto soprano un trombone a tiro. Come trasformare questo primo curioso connubio in uno strumento completo in grado di articolare cinque ottave e di avere un escursione di suoni fondamentali superiore a quella del clarinetto contrabasso, è stato un lungo lavoro di tentativi, esperimenti, teoria e logica. Dopo undici anni dalla fine della progettazione (che richiese tre anni) siamo finalmente riusciti a realizzarne un primo prototipo.
Rispetto agli strumenti conosciuti si presenta come un ibrido poiché combina il bocchino e il tubo cilindrico del clarinetto con la coulisse del trombone e i cilindri a valvola di alcuni ottoni.
L’estensione grave dello strumento supera di due toni e mezzo lo strumento ad ancia più basso di cui si abbia oggi conoscenza: il clarinetto octocontrabasso costruito in unico esemplare da Leblanc, e di una decima (o più) le ance più gravi attualmente in commercio (clarinetto contrabasso discendente, controfagotto discendente, tubax in sib, sax subcontrabasso in sib).
Il nome Ecatorf congiunge insieme una divinità e un personaggio mitico greci, due che di discese agli Inferi e di avventurose risalite se ne intendevano: la triforme Ècate e il leggendario Orfeo.
Do qui, invece, una sintesi dello strumento in termini, anzitutto, di cifre:
1) È lo strumento a fiato più grave al mondo (per quanto mi risulta, non solo attualmente, da sempre): FA -1 a 10.9 herz. E non solo a fiato, i grandi organi da chiesa (privi di semitoni per quanto riguarda le note più gravi) raggiungono il DO a 16.35 herz (32 piedi). Lo stesso riguarda il raro pianoforte a tastiera estesa: 16.35 herz. Che io sappia esiste un solo organo attualmente funzionante, in Australia, che raggiunge gli 8 herz. (Quanto alla soglia dell’udibile – posta intorno ai 16 herz – posso assicurare che, per ora, ho trovato una sola persona che non udiva suoni sotto il citato DO).
2) Lo strumento a fiato con la più grande estensione ordinaria. 5 ottave (escluse dunque le note eccezionali: un’altra ottava e mezza). E con la più grande estensione di fondamentali (2 ottave e una quinta).
3) L’unico strumento ad ancia (che non sia un giocattolo) a coulisse, il che comporta infinite possibilità enarmoniche.
4) L’unico strumento ad ancia i cui suoni escano tutti dalle campane (con ciò che comporta riguardo al timbro e alla potenza di suono).
5) Potenza di suono (dicevamo), sottigliezza e varietà timbrica, “spazialità” (tre diverse campane) pronte a fronteggiare qualsiasi artificio e manipolazione elettronica (una nuova sfida acustica a quest’ultima).
6) Per quanto riguarda il trattamento dell’onda acustica: ricchissima è la gamma di bicordi, tricordi e multifonici di ogni tipo, ciò che ci porta ai confini del rumore.
7) L’Arte dei rumori, appunto, di Russolo ritrova qui un sostituto di ben 5 (su 6) dei suoi “intonarumori”: «1) Rombi, tuoni, scoppi, scrosci, tonfi, boati; 2) fischi, sibili, sbuffi; 3) bisbiglii, mormorii, borbottii, brusii, gorgoglii; 4) stridori, scricchiolii, fruscii, ronzii, crepitii, stropiccii, […] 6) gridi, strilli, gemiti, urla, ululati, risate, rantoli, singhiozzi» (cf. Luigi Russolo, L’arte dei rumori).
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